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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Autori Vari
    356,-

    Fra le più care e tipiche figure dei pionieri dell¿alpinismo italiano, che ormai col volgere degli anni, come natura vuole, vanno scomparendo, una più delle altre pareva voler sfidare impavida le bufere della vita e mantenersi vegeta sulla breccia fra l¿ammirazione dei vecchi per l¿ardore giovanile con cui combatteva, dei giovani per la tenacia colla quale sosteneva alti i più puri ideali di tutta la sua esistenza

  • av Gian Pietro Lucini
    386,-

    La famiglia. Non per fare pompa o sfoggiare magnanimi lombi ma per darvi notizia di miei precedenti gentilizii, che vi potranno giovare nel comprendere bene tutta la mia personalità, già che mi è possibile, vi espongo alcune particolarità della mia famiglia, dalle quali potete aver giudizio sul mio carattere e sull¿indole mia. I genealogisti del seicento si sono sbizzarriti ingegnosamente intorno al nome ed alla sua derivazione. Pensarono alla Gens Lucinia romana plebea che ebbe magistrature nel Tribunato e che venne al seguito delle legioni sulle sponde del Lario. Vicino a Como vi ha Lucino, una borgata difesa da castellotto nel medio evo, ora pingue di coltivi, e nella Germania meridio...

  • av Daniel Defoe
    386,-

    L¿usato proverbio detto in tante occasioni nell¿Inghilterra: Mal nell¿osso, incurabile, non si è mai verificato meglio che nella storia della mia vita. Ognuno si avrebbe immaginato che dopo trentacinque anni d¿angosce, dopo una serie di variate calamità, per cui ben pochi uomini, se pur ve ne furon mai, sono passati; dopo sett¿anni trascorsi nell¿abbondanza di tutte le cose, venuto già vecchio e avendo sperimentate, bisogna certo convenirne, tutte le possibili condizioni della vita di un privato, dopo tutto ciò ognuno si avrebbe immaginato che la mania de¿ viaggi manifestatasi in me, come raccontai, con tanta violenza sin dal primo istante che entrai nel mondo, fosse omai domata; che la p...

  • av Daniel Defoe
    460,-

    Nacqui l¿anno 1632 nella città di York d¿una buona famiglia, benchè non del paese, perchè mio padre, nativo di Brema, da prima venne a mettere stanza ad Hull; poi venuto in buono stato col traffico e lasciato il commercio, fermò sua dimora in York; nella qual città sposò la donna che fu poi mia madre. Appartiene questa alla famiglia Robinson, ottimo casato del paese; onde io fui chiamato da poi Robinson Kreutznaer: ma per l¿usanza che si ha nell¿Inghilterra di svisar le parole, siamo or chiamati, anzi ci chiamiamo noi stessi e ci sottoscriviamo Crusoe, e i miei compagni mi chiamarono sempre così....

  • av Luigi Alamanni
    356,-

    Come i suoi biondi crin la bianca aurora sovra il Gange spiegando annunzia il giorno, il pio rettor dell¿Orcadi vien fuora dell¿albergo vicin con l¿arme intorno e cinto di pensieri ove dimora del re Britanno il padiglione adorno. Entrò soletto, e già il ritruova in piede; ch¿al bisogno comune ivi provvede.

  • av Luigi Alamanni
    356,-

    Dell¿oscura stagion la bianca aurora con le rosate man squarciava il velo, quando il gran re Britanno uscito fuora fa di trombe al romor tremare il cielo: ond¿ogni cavaliero all¿istess¿ora, ogni ardito guerrier con chiaro zelo truova l¿arme e ¿l destriero, ogni buon duce all¿ordine primiero i suoi conduce;

  • av Marchese di Villabianca
    356,-

    Francesco Emanuele, terzo di questo nome, marchese di Villabianca. Egli è il marchese di Villabianca, oggi per divina munificenza vivente, nato in Palermo, sua patria, figlio del marchese D. Benedetto, secondo di questo nome, e di Cassandra Gaetani ed Alliata, sua genitrice. Uscì al giorno nel lunedì 12 di marzo 1720, rigenerato colle sagre acque lustrali nella parrocchiale chiesa di S. Giacomo la marina, tenuto in essa da Francesco Notarbartolo e da D. Angela Zati, iugali, barone e baronessa di S. Anna, come per fede battesimale registrata nel vol. 2° Nobiltà Emanuele, fogli 211 e 376.

  • av Gabriele D'annunzio
    356,-

    Quelle horreur et quelle mort et quelles beautés nouvelles sont partout éparses dans la nuit? Quel vent prodigieux excite toutes les flammes en travail dans le firmament latin? Le jour est proche! Le jour est proche! O mes odes, filles rapides de la fureur et du feu, quel dieu, quel héros, quel homme exalterons-nous au jour certain? Je ne suis plus en terre d'exil, je ne suis plus l'étranger à la face blême, je ne suis plus le banni sans arme ni laurier. Un prodige soudain me transfigure, une vertu maternelle me soulève et me porte. Je suis une offrande d'amour, je suis un cri vers l'aurore, je suis un clairon de rescousse ...

  • av Lewis Carroll
    356,-

    Una cosa era certa: che il micino bianco non c'entrava affatto: la colpa era tutta del nero. Durante l'ultimo quarto d'ora Dina, la gatta madre, aveva lavata la faccia al micino bianco (operazione che il micino dopo tutto, aveva sopportato con dignità); era quindi chiaro che esso non aveva potuto aver parte nel misfatto. Il modo come Dina lavava la faccia ai figli era questo: prima teneva il poverino per l'orecchio con una zampa, e poi con l'altra gli stropicciava tutto quanto il muso, contro pelo, principiando dal naso; e proprio poco prima, come ho detto, era stata occupatissima col micino bianco, che se ne stava tranquillo e calmo tentando di far le fusa, certo col sentimento che tutt...

  • av Luigi Alamanni
    356,-

    Canta, o Musa, lo sdegno e l¿ira ardente di Lancilotto del re Ban figliuolo contra ¿l re Arturo, onde sì amaramente il britannico pianse e ¿l franco stuolo; e tante anime chiare afflitte e spente lasciar le membra in sanguinoso duolo d¿empi uccelli e di can rapina indegna, come piacque a Colui che muove e regna.

  • av Carlo Malinverni
    356,-

    Primma de tûtto, tanto pe dâvene ûnn'idëa coscì all'incirca, ûn canto chì da nostra rivëa; ûnn-a brûtta giornâ d'ottobre, c'ûn baexìn chi mette futta; o mâ bollezzûmme, e di öchin che in sce quello remescio

  • av Emilio Salgari
    356,-

    ...Questi dialoghi, queste grida, queste scommesse, le une più stravaganti delle altre, si incrociano in tutti i sensi, si fanno ovunque. Yankee, canadesi, inglesi scommettono: con pari furore, sterline e dollari corrono dappertutto, mentre la folla si agita, si urta, si spinge, si schiaccia contro un grande recinto, rovesciando i policemen. che non sono più in grado di trattenerla, malgrado non risparmino i colpi di mazza, che grandinano sui più impazienti con sordo rumore. Dalle prime epoche della sua scoperta, mai si era veduta tanta gente radunata sulle spiagge dell'Isola Brettone. Da tre giorni, battelli a vapore, barche a vela, scialuppe e lance rovesciavano su quelle sponde americ...

  • av Giovanni Berchet
    356,-

    Per entro i fitti popoli; Lungo i deserti calli; Sul monte aspro di gieli; Nelle inverdite valli; Infra le nebbie assidue; Sotto gli azzurri cieli; Dove che venga, l'Esule Sempre ha la patria in cor. Accolto in mezzo ai liberi Al conversar fidente;

  • av Michele Uda
    410,-

    Antona-Traversi ebbe iersera il pubblico che aveva certamente desiderato: quello che sa ascoltare e che sa comprendere. La sala, per numero, notorietà ed intelligenza di spettatori, non poteva essere più brillante. Vi erano gli scapoli che conoscevano le Rozeno, i mariti che le ricordavano, le mogli che ne avevano udito parlare. I vecchi, giunti a riva da un pezzo, dalla memoria dei passati o scansati naufragi si sentivano dolcemente ringiovanire dentro ¿ nell¿anima. Poche volte una battaglia artistica fu combattuta in condizioni migliori: in tanta varietà di caratteri e di situazioni arrischiate, non una deduzione...

  • av Olindo Guerrini
    356,-

    Ill.mo Signor Giudice Istruttore presso il Regio Tribunale Civile e Penale di Ravenna. Non ho l'onore di conoscere nemmeno il nome della S. V. Ill.ma, ma ciò non turba nell'animo mio la debita fiducia nella rigida imparzialità del mio Giudice. Scrivendo questa Memoria non consultai avvocato alcuno. Ella se ne avvedrà dalla poca o nessuna pratica di cose legali che vi si scorge evidente. Gli avvocati che mi difenderanno in Tribunale, se Ella crederà nel suo giudizio di inviarmici, useranno in mia difesa le armi che la legge appresta loro. Io qui ho voluto esporle soltanto l'animus che mi spinse a scrivere i versi per cui Monsignor Vescovo di Faenza si querela, la storia del fatto, l'in...

  • av Giulio Cesare Croce
    356,-

    Bertoldo e Bertoldino

  • av Ghislanzoni Antonio
    356,-

    Nell'aprile dell'anno 1860, un eccentrico personaggio venne ad abitare l'alpestre paesello di C¿.

  • av Michele Uda
    356,-

    28 Giugno 1877 Questa d¿oggi è una delle poche feste che comprendiamo. Il calendario non l¿ha segnata con alcuna croce, nè un tintinnio di campane, nè uno scoppio solo di botta l¿hanno annunziata la sera della sua vigilia. Ma che importa? L¿artista napoletano ne aveva scritto la data in quell¿angoluccio del cuore dove nota le sue speranze e le sue illusioni, ansioso pel timore di non doverla, come tante altre, passare in quell¿altra parte del cuore, più larga assai, dove registra i suoi disinganni. La festa d¿oggi l¿artista napoletano l¿aspettava da due anni. Quando gli fu annunziata come una lontana promessa, scrollò il capo sfiduciato.

  • av Olindo Guerrini
    356,-

    Ecco come andò la cosa. Nell'inverno del 1868 io davo ad intendere alla mia famiglia di studiar legge; anzi, per confermarla vie più nell'errore, alla fine di quell'anno mi laureai. (Parentesi. Mi ricordo che ci chiusero nell'Aula Magna dell'Università. Eravamo otto o dieci candidati, e, allegri come quelli non se ne trovano più. Venne il professore di Diritto Canonico, munito di una borsa gigantesca che conteneva la bellezza di sessanta palle. Ognuno di noi immerse la mano nel venerando borsone ed estrasse una palla sola, il cui numero corrispondeva a quello di una tesi da svolgere in iscritto.

  • av Pietro Metastasio
    356,-

    Artabano, prefetto delle guardie reali di Serse, vedendo ogni giorno diminuirsi la potenza del suo re, dopo le disfatte ricevute dä Greci, sperò di poter sagrificare alla propria ambizione, col suddetto Serse, tutta la famiglia reale, e salire sul trono della Persia. Valendosi perciò del comodo che gli prestava la famigliarità ed amicizia del suo signore, entrò di notte nelle stanze di Serse, e l¿uccise. Irritò quindi i principi reali, figli di Serse, l¿un contro l¿altro, in modo che Artaserse, uno de¿ suddetti figli, fece uccidere il proprio fratello Dario, credendolo parricida, per insinuazione di Artabano. Mancava solo a compire i disegni del traditore la morte di Artaserse, la quale,...

  • av Giovan Battista Niccolini
    410,-

    GIORDANO Destatevi¿ sorgete¿ il nostro sangue Si traffica nel tempio; e son raccolti, Tenebrosa congrega, i cardinali A vestir del gran manto un altro lupo Che pastore si chiami. Un dì sceglieste, O Romani, il pontefice: gli antichi Dritti il fero Innocenzo appien vi tolse, E compì l'opra d'Ildebrando audace. Cesare colla stola, ei far volea Del mondo un tempio onde l'amor fuggisse, Uno il pensiero, uno il volere, ed uno Tiranno a un tempo, e sacerdote, e Dio. Mirate l'opra sua! Roma deserta Dal Laterano al Colosseo: guidava Il normando furore e il saracino; Fremea la sua preghiera, e maledisse Colui che non insanguina la spada. Imprecando morì: così perdonano I vicari ...

  • av Ippolito Pindemonte
    356,-

    Far riviver gli estinti, e i prischi Eroi Condurre a passeggiar tra pinte scene, E a lor dar voce, che di lor sia degna; Metter su gli occhi di chi ascolta il pianto, Del non vero creando ambascia vera; E alzar gli spirti, e col piacer cercato La virtù non cercata indur ne' cori: Questo io prima insegnai d'Ilisso in riva. Con fatali sventure, e colpe illustri L'odio ai Tiranni, ed il timor de' Numi Nel popolo io destava; e di pietade Pungendo l'alme, e di terror secreto, Io le temprava sì, che l'uom più duro Disconobbe sè stesso, e dei Re crudi...

  • av Lorenzo De'
    356,-

    Se voi averete pazienza, sarete spettatori di una nuova commedia intitolata Aridosia, da Aridosio detta (Aridosio chiamato per essere più arido che la pomice) della quale vi conforto a non curarvi di saper l¿autore, perch¿egli è un certo omiciatto, che non è nessun di voi che veggendolo non l¿avesse a noia, pensando che egli abbia fatto una commedia. Dicono ch¿egli è di spirito; io per me nol credo, e quando ei seppe, che io veniva a farvi l¿argomento, m¿impose che io vi facessi una imbasciata a tutti, che se voi loderete questa sua commedia sarete causa che ce ne abbia a fare dell¿altre; onde vi prega che voi la biasimate, acciò li togliate questa fatica. Vedete che cervello è questo: gl...

  • av Angelo de Gubernatis
    356,-

    Se bene a molti rechi oramai gran tedio che si parli ancora nel mondo del Manzoni, e tra i molti i più siano persuasi che sopra un tale argomento, da essi chiamato giustamente eterno, non ci sia più nulla di nuovo da dire, dovendo io tener discorso intorno ad un nostro moderno scrittore, innanzi ad un'eletta d'Inglesi, presso i quali da Giuseppe Baretti ad Ugo Foscolo, da Ugo Foscolo a Gabriele Rossetti, da Gabriele Rossetti a Giuseppe Mazzini, per tacere degli onorati viventi che hanno insegnato od insegnano tuttora la letteratura italiana in Inghilterra, le nostre lettere da un secolo in qua furono sempre coltivate con amore, io non ho saputo trovare alcun tèma non solo più nobile, ma p...

  • av Serao Matilde
    356,-

    Lunga distesa, immobile sotto la bianca coltre del letto, con le braccia prosciolte e le mani aperte, con la bruna testa inclinata sopra una spalla, con un soffio impercettibile di respiro, Anna pareva dormisse da due ore, immersa nel profondo abbandono del sonno giovanile. Sua sorella Laura, che dormiva in un secondo candido lettino da fanciulla, all'altro capo della vasta stanza, aveva quella sera molto prolungata la sua solita lettura notturna, con cui sfuggiva alla conversazione ultima della giornata, fra sorelle. Ma appena l'ombra della lunga e fredda notte d'inverno aveva avvolto le cose e le persone nella camera delle due fanciulle, Anna aveva schiuso gli occhi e li teneva fissi, s...

  • av Oriani Alfredo
    386,-

    Siamo a Bologna, una delle città più ricche e noiose d'Italia. In un mattino del maggio 1875 un giovane traversava la piazza d'armi, vasto quadrato chiuso da case borghesi, verso la Montagnola, che ergendosi sovra esso in largo spianato coperto di grandi alberi, è tutto il passeggio pubblico della città. Camminava affrettatamente e il suo passo non era di uomo libero in terra libera, andatura trovata da Guerrazzi e compresa da nessuno, ma di persona preoccupata; e l'aspetto signorile malgrado gli abiti negletti. Portava il cappello e la testa addietro mostrando una fronte corrugata con un volto pallido di una tale pallidezza biliosa...

  • av (Aischùlos) Eschilo
    356,-

    SCOLTA Numi, il riscatto concedete a me dei miei travagli, della guardia lunga un anno già, ch¿io vigilo sui tetti degli Atridi, prostrato su le gomita a mö d¿un cane. E de le stelle veggo il notturno concilio, ed i signori riscintillanti che nell¿ètra fulgono, ed il verno e la state all¿uomo recano.

  • av Foscolo Ugo
    356,-

    Terrore è in campo, o re de¿ re. La turba Che all¿Ellesponto accompagnò gli avanzi D¿Achille, ove gli alzò tomba e trofeo Il Telamonio Ajace, al campo riede E fa insanir di nuovo lutto i Greci. Finge orrendi prodigi; e vien narrando Che di querele l¿Ocean fremea Per la pietà della divina prole Di Teti; che un sanguigno astro per l¿aere Notturno errava, e illuminando i mari Ver occidente si perdea, la Grecia Quasi accennando ed il ritorno. Invano Or la pugna a bandir corron gli araldi Come jer m¿imponesti...

  • av Bandello Matteo
    356,-

    Di tanti eccelsi e glorïosi eroi, e delle belle e sí sagge eroine, onor e pompa del Gallico regno, qual, mia Musa, cantar ora t'inchine, o qual pria dirai, o qual dapoi, a tal che ti riesca il tuo disegno? O questi, o quelle che tu canti, degno canto sará, perché di nostr'etate in lor è 'l pregio ed il perfetto onore, ché 'n quelli albergan con ben saldo core quante 'l sol vede doti piú lodate.

  • av Vigoni Pippo
    356,-

    Fu nel settembre del 1878 che per la prima volta vidi farsi concreta la speranza di un viaggio in quell'interessante e misterioso paese che per doppia ragione fu detto Continente Nero. Era un coraggioso industriale nostro, il comm. Carlo Erba, che aveva ideato di armare una spedizione, che, tenendo la linea di Kartum, Galabat, Gondar, Goggiam e possibilmente lo Scioa, scendesse poi al Mar Rosso, esplorando commercialmente quelle contrade: io l'avrei seguita colla pura veste del dilettante. La cosa doveva farsi se non misteriosamente, almeno tranquillamente, sperando riportare grate sorprese, e non disillusioni per coloro che troppo facilmente si lasciano trasportare dagli entusiasmi che ...

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