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Böcker i Classici della Letteratura Italiana-serien

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  • av Emile Zola
    360,-

    Sono proprio dieci anni, mia cara anima, ch'io t'ho raccontato le mie prime storielle. Che begl'innamorati eravamo noi allora! Io venivo da codesta terra di Provenza, dove sono cresciuto così libero, così fidente, così pieno di tutte le illusioni della vita. Io ero tuo, ero di te sola, delle tue tenerezze, del tuo sogno. Te ne ricordi, Ninetta? Il ricordo è oggi l'unica gioia, nella quale il mio cuore si riposa. Fino a vent'anni, noi abbiamo fatta insieme la stessa strada. Io sento i tuoi piedini sul duro terreno; io scorgo il lembo della tua bianca gonnella sul raso delle erbe avveniticcie; io sento il tuo alito fra gli odori della salvia che mi giungono da lontano come soffi di ...

  • av Giovanni Sercambi
    360,-

    U>dita la dilettevole novella, quasi avendo fatto il sonno dimenticare, nondimeno per non perdere l'usanza il proposto comandò che una danza si prendesse e verso le camere se n'andassero, et alquanto dormiti, innel luogo ordinato si ritrovino quine u' l'altore, ha di bella novella ora contenta la brigata, d'un'altra ne faccia lieti. L'altore, che a ubidire è presto, disse che fatto serà. E così a dormire si puoseno. E levati, colle danze ordinate innel giardino se n'andarono, dove l'altore parlò: «A voi, famigli e donzelli che con altri state a salario, che, vilipendendo i vostri magiori, malcapitate, ad exemplo dirò una novella, in questo modo: DE DISHONESTO FAMULO...

  • av Cesare Lombroso
    356,-

    Non ho mai nelle mie lunghe e dure battaglie sul delitto e sul genio, risposto agli attacchi dei metafisici, non perchè non senta tutto il rispetto che si deve a quei forti pensatori che credono dominare dall'alto il mondo scientifico; ma perchè uso ad altre armi, più umili, se non meno sicure, a quelle dell'osservazione e dell'esperienza, mi sento in faccia a loro troppo o troppo poco armato per combattere senza meritare la taccia di spavaldo o di ingeneroso...

  • av Giovanni Berchet
    360,-

    Non ho fatto risposta prima d'ora alla tua dimanda intorno al merito dell'opera seria Demetrio e Polibio, perché il giudicio mio in fatto di musica, non potendo io derivarlo, come sai, da conoscenza alcuna dell'arte, sarebbe forse parso intempestivo anche a me medesimo, se per indurmi a proferirlo avessi stimato sufficiente il suffragio delle prime sensazioni del cuor mio. E però, non contentandomi io di quello, mi parve di dover aspettare che il voto del cuore, per la ripetizione continuata ed uniforme delle stesse sensazioni, pervenisse ad ottenere anche la fredda approvazione della mente.

  • av Matteo Bandello
    676,-

    Io, giá molti anni sono, cominciai a scriver alcune novelle, spinto dai comandamenti de la sempre acerba ed onorata memoria, la vertuosa signora Ippolita Sforza, consorte de l'umanissimo signor Alessandro Bentivoglio, che Dio abbia in gloria. E mentre che quella visse, ancor che ad altri fossero alcune di loro dedicate, tutte nondimeno a lei le presentava. Ma non essendo il mondo degno d'aver cosí elevato e glorioso spirito in terra, nostro Signor Iddio con immatura morte a sé lo ritirò in cielo. Onde dopo la morte sua a me avvenne, come a la versatil mola suol avvenire, che, essendo da forte mano raggirata, ancor che se ne levi essa mano, tuttavia la ruota, in vertú del primo movimento, ...

  • av de Amicis Edmondo
    360,-

    TANGERI Lo stretto di Gibilterra è forse di tutti gli stretti quello che separa più nettamente due paesi più diversi, e questa diversità appare anche maggiore andando a Tangeri da Gibilterra. Qui ferve ancora la vita affrettata, rumorosa e splendida delle città europee; e un viaggiatore di qualunque parte d¿Europa sente l¿aria della sua patria nella comunanza d¿una infinità d¿aspetti e di consuetudini. A tre ore di là, il nome del nostro continente suona quasi come un nome favoloso; cristiano significa nemico, la nostra civiltà è ignorata o temuta o derisa; tutto, dai primi fondamenti della vita sociale fino ai più insignificanti particolari della vita privata, è cambiato; e scomparso fi...

  • av Nello Roselli
    356,-

    Il contributo di pensiero e d'azione che Mazzini ha sempre dato al problema operaio si accresce notevolmente nel periodo che va dal 1860 al 1872, anno della sua morte. Giovandosi della libertà di stampa e di associazione, assicurata dal nuovo regime, egli si dedica a una propaganda intensa delle sue dottrine sociali, le quali, intorno al 1860, costituiscono l'unico completo programma di azione che venga offerto alle masse lavoratrici; e perciò, se pur non riescono a dominare il movimento operaio italiano, si impongono alla generale attenzione, suscitando intorno ad esse entusiasmi, avversioni, discussioni appassionate.

  • av Grazia Deledda
    356,-

    Marianna Sirca, dopo la morte di un suo ricco zio prete, del quale aveva ereditato il patrimonio, era andata a passare alcuni giorni in campagna, in una piccola casa colonica che possedeva nella Serra di Nuoro, in mezzo a boschi di soveri. Era di giugno. Marianna, sciupata dalla fatica della lunga assistenza d'infermiera prestata allo zio, morto di una paralisi durata due anni, pareva uscita di prigione, tanto era bianca, debole, sbalordita: e per conto suo non si sarebbe mossa né avrebbe dato retta al consiglio del dottore che le ordinava di andare a respirare un po' d'aria pura, se il padre, che faceva il pastore ed era sempre stato una specie di servo del fratello prete, non fosse sce...

  • av Cesare Cantù
    360,-

    Margherita Pusterla

  • av Ada Negri
    356,-

    Io sento, dal profondo, un'esile voce chiamarmi: sei tu, non nato ancora, che vieni nel sonno a destarmi? O vita, o vita nova!... le viscere mie palpitanti trasalgono in sussulti che sono i tuoi baci, i tuoi pianti. Tu sei l'Ignoto.¿Forse pel tuo disperato dolore ti nutro col mio sangue, e formo il tuo cor col mio core; pure io stendo le mani con gesto di lenta carezza, io rido, ebra di vita, a un sogno di forza e bellezza: t'amo e t'invoco, o figlio, in nome del bene e del male, poi che ti chiama al mondo la sacra Natura immortale. E penso a quante donne, ne l'ora che trepida avanza, sale dal grembo al core la stessa devota speranza!... Han tutte ne lo sguardo la gioia e il t...

  • av Girolamo Tiraboschi
    466,-

    Eccoci finalmente giunti a quel secolo di cui non credo che v'abbia il più celebre e il più glorioso nella storia dell'italiana letteratura. Io ammiro il secolo XVI in cui si può dire a ragione che l'Italia vedesse risorgere l'età d'Augusto; e quando mi converrà di parlarne, mi sforzerò di esporne, come meglio mi fia possibile i pregi e le glorie. Ma esso non sarebbe stato sì lieto e sì fecondo di dotti ed eleganti scrittori, se le fatiche e gli sforzi di que' che gli aveano preceduti, non avessero spianato loro il cammino, e segnata la via. Dopo le invasioni de' Barbari, l'Italia era a guisa di un incolto terreno che altro non germogliava che bronchi e spine, e ogni giorno più insalvatic...

  • av Paolo Emiliani Giudici
    466,-

    Non fu, nè vi è forse, nazione nel mondo letterario antico e moderno, che possa quanto l¿Italia vantare un numero egualmente sterminato di libri trattanti la Storia della patria letteratura. Ogni provincia, ogni città, ogni angolo della bella Penisola non mancano d¿illustratori delle glorie domestiche. Diguisachè parrebbe ai dì nostri imperdonabile inverecondia ed insano ardimento volere aggiungere un nuovo lavoro alla immensa caterva che abbiamo. Nondimeno il desiderio, che unanime sorge dal petto de¿ veri sapienti Italiani, di volere conoscere la idea delle patrie lettere in un tutt¿insieme, il quale ne ritragga a grandi tratti prominenti e precisi la origine e le vicende: i giudizj str...

  • av Girolamo Tiraboschi
    360,-

    Fra tutte le scienze a cui gl'Italiani ne' tempi di cui trattiamo si rivolgevano, la Giurisprudenza godeva, direi quasi, del primato di antichità e di onore. Essa in fatti era prima di ogni altra risorta in Italia; essa in molte città avea aperte pubbliche scuole; essa contava tra' suoi coltivatori uomini d'ingegno e di sapere non ordinario; essa da tutte le parti d'Europa avea condotte in Italia numerose schiere di giovani; essa in somma potea vantarsi a ragione di aver procurato all'Italia il glorioso titolo di madre delle scienze. Quindi non è maraviglia che i professori della giurisprudenza fossero rimirati come altrettanti oracoli, e che loro si concedessero privilegi ed onor...

  • av Girolamo Tiraboschi
    360,-

    Innanzi a' precedenti tomi della mia Storia ho trattenuti non brevemente i lettori or su uno, or su altro argomento che alla materia, di cui in essi dovea trattarsi, mi sembrava opportuno. Innanzi a questo nulla mi si offre che richiegga lungo proemio; nè io son tra quelli che pensano che una lunghissima prefazione aggiunga ornamento e fama ad un libro. Io mi compiaccio nel vedermi omai giunto alla metà della difficil carriera che ho presa a correre; poichè tutta l'opera non oltrepasserà, come credo, l'ottavo, o il nono volume. Il favorevole accoglimento troppo maggiore di quel che io potessi sperare, con cui è stata ricevuta finora questa mia Storia...

  • av Theodor Mommsen
    360,-

    I vassalli. Con la distruzione del regno macedone il supremo dominio di Roma, divenuto un fatto compiuto, non solo si consolidò dalle colonne d'Ercole alle foci del Nilo e dell'Oronte, ma, quasi ultima parola del fato, gravitava, con tutto il peso dell'inevitabilità, sui popoli, e sembrava lasciar loro soltanto la scelta tra una disperata resistenza e un disperato martirio. Se la storia non avesse il diritto di reclamare dal lettore serio di esser seguìta nei suoi giorni felici come nei tristi, attraverso le rose e le spine, lo storiografo si sentirebbe tentato di sottrarsi al doloroso compito di seguire nei suoi molteplici ma monotoni svolgimenti...

  • av Girolamo Tiraboschi
    416,-

    Il secolo XIII avea data in certo modo la nascita all'ecclesiastica giurisprudenza, disegnata dapprima, per così dire, nelle private raccolte che delle Decretali de' Papi alcuni aveano fatto senza pubblica autorità, e poscia stabilita e confermata solennemente con quella che ne pubblicò Gregorio IX. Aveala più ampiamente ancora distesa Bonifacio VIII col sesto libro delle Decretali da lui pubblicato, come nel tomo precedente si è dimostrato. E nuove aggiunte pur le si fecero in questo secolo di cui scriviamo. Clemente V...

  • av Guglielmo Ferrero
    356,-

    Nel castello di Varzin una sera dell¿autunno del 1877 ¿ è un amico, il signor Moritz Busch, che racconta ¿ il principe Ottone di Bismarck si era seduto, dopo il pranzo, innanzi al camino e, contrariamente alle sue abitudini, taceva assorto in chi sa quali pensieri, mentre di tempo in tempo, sbadatamente, attizzava con le molle il fuoco. Gli amici intorno rispettavano la sua meditazione, tacendo anch¿essi; quando a un tratto, di propria iniziativa, il principe ruppe il silenzio e cominciò un lungo lamento lagnandosi di aver cavata poca gioia da tutta la sua tempestosa attività di statista e di aver tanto lavorato, senza riescire a far nessuno felice; non sè stesso, non la sua famiglia, non...

  • av Cristina Belgioioso
    356,-

    Vidi condensarsi il nembo, che minacciava in sul principio i principi italiani, come oggi terribile sui popoli della Penisola s'addensa. Seguii d'ogni mia possa i nobili sforzi di qualche eletto, che aprir tentava le menti de' suoi fratelli d'ogni condizione, d'ogni provincia ¿ nei loro interessi istruirli ¿ inspirar loro fiducia nelle proprie sue forze. Vidi infiammarsi il loro coraggio ¿ addottrinarsi, e le genti sommuoversi. Divisi con loro la speranza, e seco mi trovai sull'orlo di quel precipizio, dal quale uno sforzo disperato soltanto può ritrarci.

  • av Federico Delpino
    536,-

    I mirabili istinti mercè cui gli animali provvedono alle necessità della loro esistenza e di quella della lor prole, i costumi loro differentissimi, nei quali si estrinseca il principio immateriale ed intelligente della vita animale, porsero argomento a bellissimi studi e ricerche onde s¿illustrarono Réaumur, Buffon, Huber, Dzierzon e moltissimi altri che non occorre enumerare. Il complesso ordinato delle nozioni che derivano da simili studi e ricerche, costituisce a mio parere, un ramo di scienza a parte, abbastanza ben circoscritto ed importantissimo, che io denominerei biologia o più propriamente etologia.

  • av Bartolomeo Vanzetti
    360,-

    La mia vita non può assurgere a valore di esempio, comunque considerata. Anonima nella folla anonima, essa trae luce dal pensiero, dall'ideale che sospinge l'umanità verso migliori destini. E questo ideale io riassumo come balena nel mio pensiero. Nacqui l'11 giugno 1888 da Giovan Battista Vanzetti, e da Giovanna Nivello, in Villafalletto, provincia di Cuneo, Piemonte. Questo comune che sorge sulla sponda destra della Maira, ai piedi di una bellissima catena di colline, è eminentemente agricolo. Qui vissi fino all'età di tredici anni, in seno alla famiglia.

  • av Lorenzo Da
    466,-

    Non iscrivendo io le memorie d'un uomo illustre per nascita, per talenti, per grado, in cui le minime cose giudicare si sogliono importantissime per la importanza del soggetto di cui si scrive, parlerò poco de' miei parenti, della mia patria, de' miei primi anni, come di cose affatto frivole per se stesse o di pochissimo rilievo pe' leggitori. Parlerò di cose, se non del tutto grandi per lor natura e capaci da interessare ogni paese ed ogni lettore, pur tanto singolari per la lor bizzarria, da poterlo in qualche modo instruire o almeno intrattener senza noia.

  • av Paolo Valera
    356,-

    L'ho conosciuta. Era una ditta postribolare. Il suo soprannome era «Zia». Tutti i ghiottoni di donne clandestine e tutte le donne venderecce si compiacevano di chiamarla «Zia». È morta il cinque marzo, alle quattro pomeridiane del 1902, nella sua abitazione carnimoniale di via Disciplini, 4 confortata dalla religione che l'ha assolta delle turpitudini di mercantessa di depravazione. È spirata come una pia donna che avesse dedicata l'esistenza al culto della preghiera. Nella stanza non c'era traccia del mestiere infame ch'ella aveva esercitato in una città di mezzo milione e più di abitanti animalizzati dalle passioni carnascialesche.

  • av Guido da Verona
    360,-

    Mimi Bluette fiore del mio giardino

  • av Massimo D'azeglio
    356,-

    - Perdono! disse Niccolò pieno il volto d'una pietà tenera e malinconica, e di qual colpa v'ho io a conceder perdono, poveri figliuoli miei?... Ah! no.... non è vostra la colpa, ma de' vostri rettori, di quelli che vi dovean difendere e v'hanno abbandonati.... Non avete risposto alle mie parole! Che v'era a rispondere? Ah! lo vedo, lo conosco anch'io che per noi non v'è più rimedio, che siam condannati da Dio.... s'io vi parlava a quel modo, egli è perchè non si può veder disperse le speranze e le fatiche di tutta la vita, non si può veder la patria oppressa, caduta a mano de' nemici e de' traditori, e rimaner muti, coll'occhio asciutto.... ma lo so, lo so, figliuoli; che potete far voi o...

  • av Cesare Cantu'
    360,-

    Nel materiale come nel morale converrebbe sempre osservare le cose nel complesso, prima di scendere ai particolari, e osservarle dall'alto il più possibile. Noi pure, accingendoci a delineare le vicende di Milano, contempliamo in prima questa città dalla guglia del Duomo, ponendoci fra quella selva di pinnacoli, sormontanti la maggior mole marmorea d'Europa, la quale desta la meraviglia degli stranieri, e a noi rappresenta la storia di tante gioje e di tanti dolori e la prova delle nostre grandezze passate; e da lontano designandoci il nostro Comune, ci fa battere il cuore per quell'insieme di idee, di affetti, d'interessi, d'abitudini che si compendia nel nome di patria.

  • av Federigo Tozzi
    360,-

    Nel millenovecento, Remigio Selmi aveva venti anni; ed era aiuto applicato alla stazione di Campiglia. Da parecchio tempo stava in discordia con il padre e non sapeva che al suo piede bucato da una bulletta delle scarpe era ormai venuta anche la cancrena. Invece credeva che stesse meglio; senza sospettare che, se non gliene facevano sapere niente, volevano tenerlo lontano da casa più che fosse possibile. Ma una sera ricevette una cartolina dal chirurgo che lo curava; nella quale era scritto che la malattia non dava più da sperare.

  • av Federico Frezzi
    356,-

    Del paradiso terrestre e di Enoc e d'Elia e dell'albero della scienza del bene e del male.

  • av Anton Giulio Barrili
    360,-

    Lettori gentili, siete mai stati ad Arezzo? Se non ci siete mai stati, vi prego di andarci alla prima occasione, anche a costo di farla nascere, o d'inventare un pretesto. Vi assicuro io che mi ringrazierete del consiglio. La Val di Chiana è una tra le più amene e le più pittoresche "del bel paese là dove il sì suona". Anzi, un dilettante di bisticci potrebbe sostenere che il sì è nato proprio in Arezzo, poichè fu aretino quel monaco Guido, a cui siamo debitori della scala armonica. Ma, a farlo apposta, Guido d'Arezzo non inventò che sei note, dimenticando per l'appunto di inventare la settima. Forse, ribatterà il dilettante di cui sopra, Guido non ha inventato il si, perchè questo era gi...

  • av Giovan Battista Guarini
    360,-

    Se per antica, e forse Da voi negletta, e non creduta fama, Havete mai d'innamorato fiume Le maraviglie udite, Che, per seguir l'onda fugace, e schiva De l'amata Aretusa, Corse (o forza d'amor) le più profonde Viscere de la terra, E del mar penetrando; La dove sotto à la gran mole Etnea, Non so sò se fulminato ò fulminante, Vibra il fiero gigante Contra 'l nemico ciel fiamme di sdegno, Quel son'io: già l'udiste: hor ne vedete Prova tal, ch'a voi stessi Fede negar non lice. Ecco, lasciando il corso antico e noto, Per incognito mar l'onda incontrando Del Re de' fiumi altero, Qui sorgo, e lieto à riveder ne vegno Qual esser già solea libera, e bella; Hor desolata e serva...

  • av Enrico Thovez
    416,-

    Quando sul limitare della fanciullezza il fantasma ridente della Poesia uscì dai veli dell'incomposto tumulto dell'essere che si affacciava bramoso alla vita, inconscio ancora della natura del proprio ardore e dei mezzi di estrinsecare la piena irrompente dell'affetto e della meraviglia, novità grandi e misteriose erano avvenute nella repubblica letteraria italiana. Gli antichi dèi erano stati sbandeggiati ed i nuovi non avevano ancora ottenuto l'exequatur dalle autorità costituite. Una grande incertezza regnava nelle scuole e più di un vecchio insegnante vi perse il latino; ma i più continuavano nel consueto indirizzo, confidando in un prossimo ristabilimento dell'ordine.

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